World of Werewolf

Asylum's Werewolf

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Altair47T
view post Posted on 3/10/2012, 15:41




Questa storia è stata sviluppata con la collaborazione di "I'm Alive" dei Blind Guardian.


-Chapter 1: Run-
Non ricordavo nulla di me. Non sapevo dov'ero, nè il motivo per cui mi trovavo lì, chiuso in una cella da manicomio. Ma sapevo che quello non era il mio posto e di certo non me ne sarei rimasto con le mani in mano. Una guardia passava dietro le porte di ferro con un singolo vetro nel centro. Si fermava, apriva le celle posava dentro qualcosa e richiudeva. Quando aprì la mia capii che portava il cibo ma mi offriva una bella opportunità. Rendendomi conto di essere relativamente libero di muovermi, mi alzai e assestandogli una gomitata in faccia , corsi fuori. Il corridoio era lungo sia alla mia destra che alla mia sinistra. C'erano moltissime celle uguali alla mia. Mi incamminai a destra, mentre da dentro le celle quei poveracci si avvicinavano alla porta per guardarmi. Proseguii finchè non udii dietro di me la guardia che richiamava rinforzi, l'unica cosa che pensai fù quella di correre. Dopo pochi metri svoltai a sinistra con il cuore che cominciava a martellarmi nel petto mentre la luce soffusa della luna crescente mi illuminava la via in quel nuovo lungo corridoio. Dopo una trentina di metri non riuscii più a continuare, il cuore ormai stava andando all'impazzata. Guardai fuori dalla finestra il piccolo spicchio di luna mentre 4 guardie si fermarono a pochi metri da me. Non riuscii a fermarlo. L'adrenalina, la paura, la forza... erano troppe. Con mia sorpresa risentii quella sensazione quasi piacevole del pelo che usciva dal corpo. Gli artigli, i denti che si aguzzavano, le orecchie che si allungavano, il cranio che cambiava velocemente forma insieme alla posizione di varie ossa nel mio corpo... ero libero. Mi guardai le mani ormai fiero di essere tornato puro istinto, i miei inseguitori erano freddi e fermi ma pronti a contrastarmi. Mi misi a 4 zampe e cominciai a correre e ad ogni balzo mi sentivo più veloce. Percepii l'odore di erba bagnata e così svoltai nuovamente a sinistra e proprio lì vi erano delle scale. Le saltai e quando mi fermai ero nell'atrio. La sala di cui non guardai i particolari, era abbastanza grande e difronte a me le porte di vetro dell'uscita erano sbarrate da 4 uomini con armi da fuoco. Dietro di me invece i miei inseguitori erano diventati sicuramente più numerosi. Mi gettai a tutta velocità a destra sfondando una porta. Quel luogo... mi ritornava alla mente. Quel bagno dove per mesi o anni avevo fatto la doccia passivo aiutato da qualcuno. Mi rimisi in piedi sulle mie gambe e arrivai in fondo dove mi attendeva una brutta sorpresa. Arrivai davanti ad uno specchio e vidi me stesso. Stavo osservando un umano, non un mostro. Non riuscii a fare altro che gettarmi sulle ginocchia mentre la sofferenza solcava il mio viso.

Non ricordavo nulla di me. Sapevo solo che forse quello era davvero il mio posto, come mio unico alleato uno specchio, che mi rivelava cose più profonde della mia stessa mente.


-Chapter 2: The poison-
Non ricordavo cos’ero. Un pazzo mi avrebbero detto molti, ed era vero. Mi ero rassegnato attraverso quello specchio, che avevo richiesto nella mia stanza. Assurdo che abbiano accettato.
La guardia come ogni giorno portava il cibo, credo che temesse ancora qualche gomitata dopo l’ultima volta. Quando richiuse la porta dietro di sé, presi il piatto e cominciai a mescolarlo un po’ per farlo raffreddare. E fu questo a salvarmi da una pazzia imminente. In mezzo al cibo c’era una pillola. La presi, la osservai, la studiai. Era blu, una pillola come tante altre, la aprii e ne feci cadere il contenuto: una polverina un po’ azzurra e un po’ grigia luminosa. Era questo che facevano? Ci drogavano con l’inganno? No, era molto peggio. Una vera e propria cospirazione! Infatti la notte stessa prima di addormentarmi sentii , ma diverso. Insieme a quella sensazione piacevole del pelo sentivo anche dolore. Nelle ossa delle mani, dei piedi, del cranio e poi mi ero addormentato di colpo.
Il giorno dopo la mia stanza era diversa. Non c’era più lo specchio,le pareti avevano una carta diversa e vi erano altri piccoli dettagli quasi insignificanti. Nel pomeriggio, le guardie fecero uscire nei corridoi alcuni di noi come d’abitudine, probabilmente solo quelli con lievi disturbi. Ma ora ero motivato! Mi avvicinai al posto di guardia chiesi con gentilezza se potevo andare in bagno, e la stessa guardia che mi portava il cibo si alzò e mi fece mossa di avanzare. Come la notte della fuga svoltammo 2 volte a sinistra , poi scendemmo le scale e arrivammo nell’atrio. Riuscii a sentire nell’aria l’odore di qualcosa che veniva cucinato. Chiesi cosa ci fosse a destra e la guardia mi disse che vi era la cucina. Andammo a sinistra, lui si fermò all’entrata lasciandomi andare da solo. Mi arrovellai un pochino su cosa avrei dovuto fare. Pensai “E se fosse successo qualcosa?” anche le altre guardie prima erano sorprese , spaventate. Cosi mi decisi e cominciai ad urlare a implorare aiuto. L’uomo entrò con il teaser in mano. Mi guardò, io ero lì fermo a 1 passo da lui calmo e freddo. Afferrai la sua testa e la feci sbattere contro il muro. Credo di aver visto del sangue, ma al momento non mi importava. Uscii nell’atrio e mi diressi alla cucina. Entrai e mi misi di soppiatto dietro ad un bancone chiuso di sotto, il posto ne era pieno e la stanza in sé era abbastanza larga. E lì, li ascoltai. Erano in due e uno di loro disse qualcosa del tipo “Ed ecco l’ingrediente speciale per il nostro ospite speciale!” e aggiunse con una stupida imitazione di uno chef francese “Aconito e Argento per rendere i vostri piatti… allucinanti”.
Subito dopo entrò qualcun altro con una voce più grossa dicendo: “Mettine un'altra… anzi due.” L’altro gli chiese perché: “Non hai sentito? Stanotte è successo! Ha rotto lo specchio che aveva chiesto, artigliato le pareti e quasi sfondato la porta!”.
Mi bastò. Uscii di soppiatto e tornai di sopra nel corridoio. Nessuno si accorse di nulla. Uno di loro mi richiuse in stanza. Spostai il letto e da un punto strappai la carta da parete. Sotto di essa in alcuni punti, grossi tagli a 3-4 linee rette. Artigliate.
Non ero pazzo. Qualcuno mi stava fermando. Quello che vedevo prima era prodotto da quel veleno. Le domande mi martellavano in testa,troppe da descrivere.
Troverò il modo di vedere oltre l’inganno! Troverò il modo di essere padrone della mia mente! Troverò chi mi ha fatto tutto questo! Troverò la verità.
"Come è possibile che sei riuscito a fare un nuovo capitolo dopo che hai detto che è impossibile??" L'idea me l'ha data Teen Wolf. Più precisamente prima stagione ep. 4 o 5 quando Derek viene colpito dal proiettile d'aconito. Come saprete dopo dà quell'artigliata nel collo a Jackson e quest'ultimo, per via dell'avvelenamente del mannaro, viene a sua volta "avvelenato" per così dire e in alcune puntate successive ha delle allucinazioni. Cosi ho fatto 2 calcoli e il resto è venuto da sè.
"Perchè ha preso aconito e argento senza crepare?" Perchè sono solo piccolissime quantità, quindi non letali. Il necessario per far credere anche a lui di essere affetto da licantropia clinica ed evitare la trasformazione.



-Chapter 3: Full Moon of Blood-
Ormai sapevo cos’ero… Cosa sono.
Quel pomeriggio non avevo alcun motivo per sbattere la testa della guardia al muro così rimasi ad osservare il paesaggio da una finestra. Quando alzai gli occhi al cielo la notai. Splendida e piena, la luna era appena visibile per via della luce del sole. Successivamente fui scortato nella mia stanza e ricevetti il mio pasto. Scartai il veleno dal cibo e mangiai il resto. Ma nonostante tutto avevo ancora fame. La notte arrivò lentamente. Mi sentivo strano e sudavo. Cercai di coricarmi e dormire ma mi fu impossibile. Mi alzai dal letto e cominciai a perdere la pazienza. La rabbia mi ardeva dentro così tanto da sentirmi ancora più accaldato e infine lo sentii. Dal cranio una sensazione gradevole e allo stesso tempo dolorosa che scendeva giù lungo la colonna vertebrale fino a ricoprire il mio corpo. Avvenne in poco e lo vidi attraverso il vetro in mezzo alla porta: il pelo, spuntava dal nulla, cresceva ricoprendomi il corpo, le orecchie si allungavano, il cranio e la mascella si ingrossavano lasciando lo spazio alle zanne affilate, la struttura ossea e quella muscolare subivano modificazioni istantanee aumentando la mia statura e al posto delle unghie avevo possenti artigli. Un blackout di pochi secondi. Non potevo cedere e riaprii gli occhi. Mi sembrava tutto così diverso. Ero io, ma al contempo era come se non avessi alcun controllo di me. D’improvviso sentii la fame e l’irrefrenabile istinto di fuggire. Guardai la porta e cominciai a colpirla con pugni e calci. Sfondai i cardini e la porta si staccò. Quella “famosa” guardia con la testa fasciata si avvicinò al sentire quel baccano. Non fece in tempo nemmeno a rendersene conto che io già gli ero addosso azzannando e strappando la carne dall’ addome e cominciando a inghiottire fegato, stomaco e pancreas. Mentre mangiavo di gusto sentii dei colpi alle spalle e quando mi voltai tre guardie stavano tirando fuori dei manganelli elettrificati. Potevo annusare la loro paura e vederla nei loro occhi. Feci la prima mossa colpendo il più vicino a me con il dorso della mano e scaraventandolo contro il muro. L’altro provò un affondo con il suo manganello , ma scansai il colpo prendendogli il braccio e sbattendolo a terra infine gli affondai gli artigli nella gola. Il sangue produceva un buonissimo odore che mi rendeva ancora più difficile cercare di pensare ad una qualsiasi cosa oltre alla carne. L’ultimo fu scaltro. Mentre stavo cercando di produrre qualche pensiero mio, mi colpì dritto nelle costole facendomi fare un balzo di qualche metro per l’alto voltaggio dell’ elettricità. Mi fece solo infuriare di più, ricordo che a quel punto avevo la vista annebbiata come se stessi per svenire. Ormai comandato dal mio corpo, gli balzai addosso e mentre gli azzannavo la gola lui mi colpì dritto nel petto. Nel dolore tirai via la testa del poveraccio. La lasciai cadere a terra in quell’orribile spettacolo di corpi massacrati e sangue sparso sul pavimento e schizzi sui muri. Fuggii da lì e scesi nell’atrio lasciandomi dietro delle grosse impronte insanguinate. Questo fu l’unico momento in cui riuscii a fare qualcosa per mia volontà: andai a destra e feci irruzione in cucina. I due tizi di qualche sera precedente stavano ciarlando come facevano di solito, ma alla mia vista uno tirò fuori una pistola l’altro prese due cose strane, difficili da spiegare. Erano come dei guanti , però corazzati fino ai gomiti e al posto delle dita vi erano due grosse lame, una per mano. Non credo sia normale che due chef di un manicomio potessero essere armati così.
“Sai, dicevano che chi ti avrebbe eliminato avrebbe ricevuti in compenso l’immortalità” Leccò la pistola soddisfatto e l’altro mi gridò: “E’ ora di andare a cuccia!”.
“A cuccia ci manderai tua madre” pensai. Il tipo con le lame cercò di affettarmi puntando al petto ma era abbastanza lento nei movimenti per la pesantezza di quei guanti. Fu facile abbatterlo, lo afferrai con rapidità per un polpaccio e poi lo scaraventai di forza su un paio di fornelli su cui stavano facendo bollire quella che sarebbe stata la cena. La sua camicia prese fuoco e cominciò a rotolare a terra. Se non fosse stata una situazione così delicata, quella scena era anche esilarante: cercava di spegnere le fiamme ma non ci riusciva con quei cosi nelle braccia. Sentii l’odore del sangue oltre che a quella di carne che bruciava, probabilmente si era procurato gravi ferite nel tentativo di spegnere l’incendio.
L’altro era immobile con gli occhi sgranati dalla paura. Quando si accorse che lo puntavo cominciò ad indietreggiare dicendo : “No… Non doveva andare così! Ti prego! Da qualche parte sei ancora lì e puoi sentirmi! Non uccidermi ti dirò quello che vuoi sapere!”.
Presi il sopravvento e fermai il mio grosso corpo peloso che si stava avvicinando minacciosamente a quattro zampe a quel poveretto. Avrei voluto chiedergli di dirmi tutto dal principio ma non potevo schioccare le dita e tornare umano. Lui capì che stavo esitando. Indietreggiò fino a toccare con le spalle il muro dietro di sé.
“Sei uno stupido!” Cominciò a sparare a raffica, balzai in avanti e mi alzai sulle zampe posteriori per afferrargli il collo. Lo alzai e mentre lui cominciava a piangere, imprecare e chiedere perdono, io gli diedi un grosso morso tra il collo e la spalla tenendo stretto per una decina di secondi. Quando finì di dibattersi lo lasciai cadere. Ero sfinito. Mi aveva colpito in vari punti. Mi rimisi sulle zampe e mentre lo afferravo per mangiare ancora qualcosa, vidi una targhetta. La strappai, ma non riuscii a capire niente di quello che c’era scritto. Mi alzai nuovamente sulle zampe posteriori e con tutto il fiato che avevo in corpo gridai. L’urlo si trasformò in un sonoro e pauroso ruggito carico di rabbia.
Mi risvegliai in cima ad una collina di uliveti alle prime luci dell’alba. Nella mia mano destra ancora avevo quella targhetta con su scritto “Dr. Joe Noldor - Genetiks Labs corp.”.
Nudo, stanco, sporchissimo di sangue e disperso chissà dove, ma consapevole di essere lontano da quel manicomio. Ricordavo pochissimo della notte precedente, quei ricordi riaffiorarono solo col tempo.

“Genetiks Labs Corp.” Non mi era nuovo, ma sapevo che una volta trovato avrei scoperto tutto. E le domande ora martellavano più forti: “Come mi chiamo? Quanti anni ho? Perché ho un tale potere? E perché mi stanno facendo tutto questo? Sto seguendo la via della vendetta o mi sto facendo giustizia? Ha parlato di Immortalità? Come può un umano concedere tanto?”
Con queste incognite mi incamminai , il profilo di una città sbucava tra i rami e la verità era sempre più vicina.


-Chapter 4: A Light On The Past-
Si dice che il mattino abbia l’oro in bocca. Io in bocca avevo solo il sapore del sangue.
Discesi la collina verso la città, ma più mi avvicinavo, più capivo che non era una grande città ma solo un paesino i cui edifici erano tutti simili l’uno all’altro tranne uno: un edificio grande e alto di almeno una ventina di piani con poche finestre e con i muri un po’ arancione e un po’ bianchi. Ad almeno un chilometro dal paese vi era una piccola villetta in legno molto di stile come le si vede nei film. Controllai e non vi erano veicoli parcheggiati. Per entrare feci un buco in un vetro con un pezzo di legno, poi la aprii e scavalcai. Mi feci una doccia evitando di lasciare tracce di sangue e terra nel bagno. Per la prima volta riuscii ad osservarmi davvero: Ero calvo, probabilmente quei tipi mi rasavano regolarmente, il colore dei miei occhi era una via di mezzo tra il verde e il marrone chiaro, avevo labbra spesse, orecchie leggermente appuntite e un fisico decisamente perfetto e muscoloso come quello di un pugile. Andai un po’ in giro per la casa e in un armadio trovai degli ottimi vestiti da uomo. Così mi infilai una camicia bianca, un paio di jeans delle scarpe eleganti nere. A parte le scarpe il resto mi stava leggermente largo. Tornai alla finestra e con una tovaglia cancellai le impronte insanguinate.
Ero ormai pronto e si era fatto anche tardi, erano le 10:30 circa. Arrivai in paese in pochi minuti e mi diressi verso il centro dove si stagliava il palazzo. Una volta davanti vidi l’immensa scritta “Genetiks Labs Corp”. Se loro stavano architettando tutto sicuramente non sarebbe stata una buona idea passare per la porta principale. Girai intorno all’edificio e trovai solo una finestrella aperta. Entrare come un ladro mi stava dando sui nervi, ma non potevo fare altro. Mi aggrappai e mi spinsi dentro atterrando con una scioltezza che non mi sarei mai immaginato, e neanche il tipo che avevo di fronte. Con stupore cercò di dirmi qualcosa ma lo bloccai colpendolo in faccia con un pugno. Barcollò indietro di un paio di passi col sangue al naso, mi avvicinai velocemente e gli sferrai una gomitata in faccia. Con questo colpo svenne producendo un tonfo a terra. Finalmente mi guardai attorno. Ero in un bagno molto lussuoso con le piastrelle che erano talmente pulite da riflettere le immagini come uno specchio. Non capisco a cosa servissero gli specchi vicino ai rubinetti. E aveva persino le docce. Lo trascinai dentro una di essa e gli tolsi il camice. Uscii dal bagno e mi ritrovai in un atrio che lasciava senza fiato. Era il luogo più lussuoso che avessi mai visto, almeno lo credevo. Il piano costituiva una grandissima sala da tè con divani e tavolini sparsi qui e là con dei frigobar e alcune macchinette per le bevande calde. Ci si poteva confondere a vedere quel posto così immenso e grandioso. Ma pensai che era meglio darsi una mossa. Salii le scale e il posto aveva un aspetto completamente diverso. C’erano degli uffici disposti in tre file: due attaccate ai muri laterali e una al centro lasciando spazio a dei corridoi. Uffici come quelli dei call center in cui ci sono le postazioni di computer e telefono neanche un metro quadrato con 3 muri di legno. Mi avventurai in questo nuovo grande posto. Entrai in uno dei posti con il nome che avevo nella targhetta del camice: “Samuel Price”. Mi misi al computer e vi era sul desktop una notifica riguardante un briefing su un tale dottore di nome Xale Cherar. Aprii il tutto e lessi:
“Il Dottor Xale Cherar laureato in Biologia,Genetica e Medicina aveva iniziato degli esperimenti su sezioni particolari del DNA. In tali zone pare ci siano delle parti di troppo. Sembra siano dei geni dormienti poco conosciuti dalla genetica. Il Dottore aveva studiato per qualche anno sulle reazioni chimiche dello specifico tratto di codice genetico per poi preparare a insaputa di molti colleghi, una prima dose di una strana sostanza semi-trasparente che secondo i risultati del Dottore “È in grado di attivare momentaneamente questi geni speciali”. In un secondo tempo si sono scoperte due cose. La prima è che egli faceva uso della sostanza e che sapesse i reali effetti sul corpo umano che presenta questo DNA, forse il suo. La seconda è che dopo solo 3 mesi era riuscito a creare una nuova sostanza in grado di attivare in modo permanente tali modifiche del DNA. Ma ciò non è da considerare un bene. Qualsiasi cosa fosse l’ha fatto diventare sempre più impulsivo, rabbioso e violento finendo per mandare all’ospedale più di qualche guardia di sicurezza. Per ciò abbiamo deciso di eliminargli la memoria, grazie al Dottor Price, e a rinchiuderlo in un manicomio tenendolo a bada con qualche pillola. I Dottori che hanno scoperto il suo lavoro stanno eseguendo esperimenti e studi sul suo sangue e sulle sue stesse scoperte.”
Una piccola nota sotto diceva: “ATTENZIONE: Pare che al Manicomio ci siano stati degli inconvenienti e il nostro ospite abbia fatto letteralmente un massacro forse con un coltello. Una guardia è sfuggita al massacro con una semplice costola rotta e un piccolo shock, infatti continua a dire che quello che lo ha attaccato era un mostro gigantesco con zanne e artigli.”
Xale Cherar!! Ero… Sono io. Ero un dottore di una ricca società di ricerca con varie lauree. E avevo scoperto qualcosa sul mio stesso DNA! Avevo scoperto la vera Licantropia, quella delle leggende di Lupi e Stregoni, ma solo nel mio codice genetico. E così questi infami mi avevano buttato a marcire in un manicomio e preso le mie ricerche!
Mentre stavo per esplodere di rabbia e odio , qualcosa mi afferrò la spalla. Cinque piccole lame mi scavarono la carne e con una forza impensabile mi tirarono fuori dalla postazione facendomi scivolare a terra per almeno un paio di metri. Mi rialzai infuriato e quello che avevo di fronte aveva dell’incredibile. Un umano, certo, ma diverso. Non era particolarmente alto ma aveva i capelli arruffati, gli occhi gialli, la barba ispida e insolitamente più lunga nei basettoni, dei canini lunghi e aguzzi che sbucavano tra le labbra e delle unghie lunghe e affilate come degli artigli. Quelle caratteristiche lo rendevano decisamente diverso da un uomo normale.
“Ooooh” esclamò come se fosse allegramente stupito “DNA fortunato è tornato a casa!” Cambiò bruscamente tono allungandomi contro un suo dito aguzzo “Le tue scoperte sono state una benedizione, certo. Ma il tuo posto non è più qua!”.
La parte razionale di me si domandava come fosse possibile quello che vedevo, ma facendo due “calcoli” ci arrivai. La mia scoperta. Forse un uomo senza quegli speciali tratti genetici subiva una mutazione a metà. Ma l’altra parte non fece tanti complimenti e balzò addosso al tipo. Fu davvero rapido nello schivarmi lievemente alla sua destra e nel infilzarmi i suoi cinque artigli dritti nel petto per poi afferrarmi dal braccio sinistro e sbattermi a terra. Mi sentivo caldo ma il dolore era lieve, il sangue già chiudeva le ferite formando delle croste. Mentre ero ancora a terra mi afferrò per il collo e mi spinse. Scivolai per non saprei quanti metri sul liscissimo pavimento fino a sbattere con il muro di legno di una postazione buttandolo giù.
Arrabbiato … Furioso … Furibondo … Mi rialzai in piedi e mi preparai ad uno scontro sperando con tutto il cuore in quel dolore alla testa che anticipava la mia trasformazione.


-Chapter 5: Battle-
Ci guardavamo intensamente per capire chi dovesse fare la prima mossa. Lui prese iniziativa arrivando davanti a me così veloce da non rendermene conto finché non fu tardi, si abbassò afferrandomi i polpacci e poi tirò verso di sé facendomi finire nuovamente a terra, ma questa volta mi tenne ancora per le gambe e mi lanciò di nuovo contro le postazioni demolendone almeno cinque nella fila centrale, ma non mi importava. I miei vestiti erano strappati e macchiati di sangue qui e là e la rabbia cresceva appannandomi di tanto in tanto la vista come se stessi per svenire. Mi feci largo tra i rottami tornando nel corridoio. Quello stolto sogghignò soddisfatto per qualche secondo per poi fare una faccia talmente ridicola che pensai mi stesse prendendo in giro. In realtà aveva paura. Mi voltai un attimo notando che attaccato ad una delle pareti sradicate c’era uno specchio ma quando cercai di staccarlo e guardarmi il tipo mi placcò come un perfetto giocatore di rugby. Me lo levai di dosso dandogli una ginocchiata in faccia e alzandomi velocemente. Lui si mise a quattro zampe mentre io entrai in una postazione per prendere uno di quegli specchi. Ora capivo perché aveva fatto quell’espressione, infatti i miei occhi non avevano più quel bel colore tra il verde e il marrone ma erano rossi come il sangue, le orecchie erano più appuntite come quelle di un elfo, e tra le mie labbra sbucavano degli affilatissimi canini.
“Ibrido??” Disse urlando. “No!! Perché non mostri il tuo vero aspetto??” Gli si incrinò la voce mentre faceva questa domanda. Lo fissai male per qualche secondo, poi mi guardai di nuovo allo specchio e notai che le unghie dei pollici erano diventate nere e lunghe una decina di centimetri. Lasciai la presa mentre guardavo lievemente inorridito le mie mani. L’ibrido, che avevo capito fosse una via di mezzo tra un uomo e il vero aspetto del lupo, ne approfittò e disegnando un arco con gli artigli all’altezza dell’addome mi strappò la camicia e mi graffiò. Non aveva preso bene le misure, così ne approfittai e lo imitai colpendo con i miei affilati artigli il suo addome. Il sangue tinse di un rosso sporco me, il pavimento e le postazioni mentre lui cadeva a terra. Non era morto ma la ferita era profonda, si mise il braccio sinistro sulla ferita e con il destro indietreggiava. Lo sentii blaterare qualcosa. Poi mi guardò con odio, si concentrò e cominciò a urlare. Il suo urlo, però, si fondeva con un profondo ruggito. Appena finì, si sdraiò chiudendo gli occhi e non si mosse più. In fondo al corridoio vi erano delle scale come quelle che avevo preso prima. Non feci neanche 2 passi che altri due dottori in camice scesero da quelle. Riuscii in qualche modo a seguire i loro sguardi che prima mi fissavano gli occhi, poi scendevano sugli artigli e infine sul cadavere vicino a me. Un attimo prima erano due normali scienziati con i capelli biondi e lisci , l’attimo dopo i loro capelli erano arruffati e i basettoni crescevano lungo la mascella, i loro occhi si erano tinti di un giallo brillante, le loro orecchie appuntite sbucavano vistose tra i capelli, i canini si facevano largo tra le labbra, e le unghie si allungavano diventando di un colore marroncino. Uno dei due era più vicino alla scala e notai perfettamente la sua esitazione, l’altro invece molto più deciso da una postazione alla sua sinistra tirò fuori quei guanti strani che solo successivamente riuscii a collegarli a quelli che aveva il cuoco la sera prima. Infatti sul momento non ricordavo nulla della notte precedente.
Io i guanti li ho pensati un po' così:
http://prototype.wikia.com/wiki/File:P2evolved2.jpg
Like this idiots, però fino al gomito. Giusto per darvi un'idea

Alzò un braccio verso di me e la lama luccicò malvagia. Quell’ibrido doveva essere davvero forte, infatti nonostante i guanti fossero di metallo non gli davano fastidio in alcun modo anzi mi raggiunse in pochi secondi menando fendenti e affondi che riuscivo prontamente a schivare per un soffio. Dopo una quindicina di schivate, riprovò un affondo con il braccio sinistro, gli afferrai il braccio e lo tenni stretto, poi infilzai gli artigli sulla sua spalla sinistra e cominciai a farli scendere. Quando arrivai al gomito il suo “guanto” si staccò e cadde mentre io continuavo a lacerargli il braccio fino al polso. Indietreggiò di qualche passo macchiando tutto il pavimento di sangue, come se ormai ci fosse qualcosa di pulito in quel piano. Presi il guanto con la mano destra e dentro ad altezza del palmo c’era una piccola sbarra per tenere bene l’arma. La osservai un attimo e subito disegnai un arco verso il suo petto ma lui riuscì a schivare il colpo a metà, infatti non avevo preso il petto ma gli avevo tagliato di netto il braccio. Urlò per il dolore e si voltò per fuggire ma ai predatori non si danno mai le spalle così ne approfittai e menai un fendente verso la testa. Il suo cadavere cadde a terra con la testa mezza staccata mentre io guardavo l’altro che era immobile ancora davanti alle scale, e poi feci qualcosa che non avevo affatto pensato: leccai la lama insanguinata. La mente mi si appannava demolendo ogni pensiero vagamente ragionevole seguito da quel caldo dolore che si spandeva sul cranio e da esso su tutte le ossa e i muscoli. Cominciai a vedere il mio muso poi a sentire i denti spingere sulle gengive, le unghie crescere, i miei muscoli diventare caldi e duri e le ossa spostarsi dandomi una sensazione dolorosa. Quello sgranò gli occhi e corse via mentre i vestiti si strappavano ed il pelo mi rivestiva. Udivo il suo battito e i suo passi come colpi di martello sul ferro, percepivo la sua paura. Mi misi sulle mie possenti zampe e gli corsi dietro salendo le rampe di scale. Non guardai niente di tutti quei piani ma sono più che sicuro ci fossero laboratori di chimica e alcune sale operatorie. Arrivai all’ultimo piano e gli sentii aprire una porta. Proprio sulla mia sinistra si stagliava un corridoio di una decina di metri molto spoglio tanto che l’unica cosa che abbelliva quel posto erano dei pilastri di marmo che reggevano il soffitto. Corsi verso l’entrata inconsapevole che stava arrivando il gran finale per la leggenda.


-Chapter 6: Dust to Dust-
Entrai come un razzo. La sala era immensa,lunga e alta, al contrario degli altri piani. Sui muri si ergevano tanti quadri ben disposti sopra dei mobili antichi. In mezzo alla sala era steso sul pavimento un lungo tappeto rosso con ai lati dei pilastri di marmo. Esso terminava vicino ad una scrivania sulla quale erano appoggiati un computer, dei fogli, delle penne e altri oggetti da ufficio. Dietro di essa vi era una sedia girevole come quelle dei Boss nei film. Dietro c’erano tre cilindri di vetro, delle ceste e infine una vetrata accuratamente chiusa con le tapparelle. Erano le lampade sparse praticamente ovunque a rendere quel posto luminoso come il giorno. Dai cilindri venivano sparati in aria dei frutti e vicino ad essi vi era un uomo con i capelli neri e un abito scuro con in mano una spada di almeno 150 cm con cui tagliava a mezz’aria la frutta facendola cadere dentro i cesti.
Vidi una delle scene più agghiaccianti che un qualsiasi essere umano potesse vedere: l’ibrido gli stava correndo incontro gridando disperato, l’uomo si voltò di scatto disegnando un arco con la spada e la testa del poveraccio roteò in aria finendo dritto in un cesto. Ovviamente la scrivania, il pavimento e altro si imbrattarono all’istante di sangue che io riuscivo ad annusare perfettamente nonostante la distanza. Ora che si era voltato riuscii a guardare il suo pallido volto con piccole cicatrici sparse sul viso e una benda sugli gli occhi. L’uomo avanzò e si appoggiò alla scrivania posandoci sopra la spada e tirando un sospiro. Mi fissò per un paio di secondi e io gli ringhiai contro. Fece spallucce si voltò e prese una piccola bottiglietta d’acqua estraendo da una tasca dei pantaloni un sacchetto. Aprì la bottiglia e ci versò dentro della polverina argentea per poi berla tutta d’un fiato. Quando finì gettò via la bottiglietta e il sacchetto vuoto. Eseguì il tutto con la benda ancora sugli occhi.
“Polvere di Vampiro” disse infine afferrando la spada. Fece un paio di passi sul tappeto e poi si fermò pensieroso per qualche secondo. Riprese a camminare e parlare “Oh… ovviamente non … non ho pugnalato un vampiro per poi ingurgitare i suoi resti polverosi” dicendolo fece una faccia disgustata e gli sentii dire sottovoce “Non me lo perdonerebbero mai” per poi riprendere a parlare con voce normale. “Erbe… principalmente… e stregoneria” si fermò di nuovo a ormai una decina di passi da me. “Una vera diavoleria questa roba” il suo tono divenne più frustrato e nervoso e cominciò a guardarsi un po’ in giro “Dover prendere questa roba ogni tre ore mentre tu hai trovato il modo di rendere permanente…”. Mi guardò e fece spallucce. Avanzò di un altro passo e alzò le sopracciglia facendo una faccia triste “Ma cosa parlo a fare?? Voi lupi mannari non siete altro che bestie in cerca di carne e morte” Nell’angolo di mente che era ancora razionale pensai “Licantropo”. Lui mi sorrise debolmente “E dove sarebbe la differenza?? Licantropi… Lupi Mannari. Siete sempre e solo bestie!!”. Mi aveva letto nella mente, ma al momento non ci pensai più di tanto ed era già tanto che riuscissi ad aspettare, ma non ce la feci più. Mi scagliai contro di lui infilzando gli artigli nel suo petto e sbattendolo a terra. Non uscì sangue anzi si mise a ridere per poi spingermi via con un calcio al petto. Si rialzò con il vestito intatto. Mi gettai nuovamente all’attacco sventagliando di volta in volta i miei artigli. Ero sicuro di colpirlo anche se lui di tutta risposta indietreggiava e sorrideva. Non ne fui certo finché non gli tranciai un braccio. Cadde a qualche metro di distanza e non perse sangue. Si trasformò in un mucchio di polvere per poi tornare al braccio granello dopo granello riformando l’arto. Inspirò con aria colpevole “Uh... Forse avrei dovuto parlartene”. Sorrise debolmente e poi menò un fendente ferendomi all’addome. Indietreggiai pesantemente sulle zampe. Mi resi conto di stare perdendo l’ultimo tratto di lucidità quando partii alla carica con la vista appannata. Questa volta ,però, cominciò a parare con una forza sovrumana le mie artigliate usando la spada. Andammo avanti così finché non colpì con la schiena la scrivania e rimase sorpreso per un istante e ne approfittai tagliandogli di netto la testa. Il suo corpo divenne un mucchio di polvere. Stavo per perdere completamente lucidità quando d’un tratto sentii qualcosa di freddo che passava dalla schiena fino ad uscire dall’addome. Abbassai lo sguardo e osservai il tratto di lama insanguinata che mi sbucava nella pancia. Ritirò lo spada e caddi a terra. Mi voltai e lo vidi che osservava attentamente la ferita. “La capacità di cura è davvero significativa ma nulla di eccezionale rispetto ai miei standard.” Per un paio di minuti credo di aver perso conoscenza perché quando mi svegliai lui non aveva più la stoffa sugli occhi ed era arrabbiato. I suoi occhi erano marroni ma sembrava gli avessero tirato della sabbia o che glieli avessero bruciati per quanto erano striati di rosso. Avanzò cominciando a menare fendenti mentre io balzavo indietro sulle zampe. Più volte riuscì a portarsi vicino a me ma a quel punto mi colpiva sulle gambe o sul petto con il piatto della lama schernendomi arrabbiato “La postura in combattimento è importante, Cherar”. Non facevo caso al fatto che mi chiamasse per nome.
Lo scontro non era un granché, quando cercavo di artigliarlo o di azzannarlo lui parava il colpo come se nulla fosse e poi mi colpiva col piatto della lama o mi feriva un braccio o una gamba.
“Facciamola finita” disse dopo una decina di minuti. Alzò la lama e la fece scendere con una velocità disumana, la schivai a destra e questa si incastrò nel pavimento. Gli azzannai la gola e lo scossi un po’ per poi lasciarlo cadere. Lui si rialzò di nuovo con gli occhi completamente rossi come lava , e la polvere che si staccava dal suo corpo svolazzandogli vicino. Si avvicinò e cercai di colpirlo di nuovo ,ma fu più veloce e mi diede un calcio dritto nel petto. Un calcio ad un licantropo dovrebbe essere una carezza, invece sembrò che mi stesse investendo un tir a 200 km/h con un carico di elefanti nel rimorchio e arrivai infondo alla sala demolendo la scrivania, i cilindri e i cesti. Dietro di me rimanevano solo i vetri chiusi dalle tapparelle. Arrivò da me in un attimo con un sorriso da mettere i brividi. Mi afferrò subito per il collo alzandomi, anche se in realtà i piedi toccavano a terra, lui caricò il braccio sinistro mantenendolo rigido una lama. Voleva impalarmi, ma istintivamente gli afferrai il collo e tirai verso destra sentendo un suono di ossa spezzate e la sua mano mi sfiorò il collo e creò un buco nelle tapparelle e nel vetro facendo entrare la luce del mezzogiorno. Quel fascio di luce gli colpì il gomito e il braccio si staccò bruciacchiato. Urlò di dolore mentre si reggeva quello che rimaneva del braccio. Pensai forte “Addio” come se sapessi che mi avrebbe sentito. Mi voltai e tirai via le tapparelle. Un forte urlo che assomigliava ad un “No” seguì la mia mossa. Quando mi voltai a terra c’era solo un mucchio di polvere. Sentii a distanza le sirene, giusto per evidenziare che il massacro che avevo provocato di prima mattina non era certo passato inosservato. Guardai fuori e mentre la vista mi si appannava completamente urlai più forte di quanto pensassi emettendo un ruggito che mandò in frantumi la vetrata.
Mi risvegliai al tramonto in cima ad una collina di uliveti col terribile presentimento di aver fatto nuovamente danni ingenti. Di fronte a me intravedevo il manicomio a qualche chilometro di distanza, alla mia sinistra il paese e il palazzo della Genetiks erano illuminati da fasci blu e rossi mentre alla mia destra si estendeva una lunga foresta. Mi inoltrai nella foresta pensando al futuro.


-Final Chapter: The Legend-
Il mio nome è Xale Cherar. Prima ero un dottore con varie lauree e lavoravo presso un laboratorio di ricerca. Feci una delle scoperte più importanti quando creai un liquido che mi trasformò in un licantropo. Ma tale scoperta mi fu tolta ed insieme ad essa la mia memoria per poi venir sbattuto in un manicomio. Ero rimasto imbambolato per chissà quanto tempo prima di tornare in me. Scoprii che mi stavano drogando per tenermi a bada e farmi sembrare uno schizofrenico. Riuscii a fermarli trasformandomi nel mostro che mi portavo dentro e sbaragliando loro e tutti quelli che mi avevano accoltellato alle spalle. Non so esattamente cosa feci per meritarmi tutto questo ma non credo abbia più importanza.
Ormai da 2 anni ho cambiato nome, ora mi chiamo Alex Archer. Da altrettanto tempo scappo da quello che sono senza molti risultati cercando, di tanto in tanto, aiuto nelle vecchie storie. Qualche volta mi fermo in un internet cafè e scavo negli archivi per un po’ non più di un’ora. So che mi stanno cercando. Ma quello che ho trovato ultimamente mi ha lasciato sbigottito. Alcuni l’hanno definito un caso documentato, altri solo una leggenda metropolitana. Il titolo “Il Licantropo del Manicomio” la diceva già lunga. Il testo diceva:
“La bestia comparve una notte d’ottobre nel manicomio di un paese emergente del sud America ammazzando cinque persone, di cui due sbranate. La sua carneficina continuò solo per un’altra notte quando entrò nell’edificio di un famoso laboratorio di ricerca uccidendo tre dottori e sbranando quattro poliziotti accorsi dopo una chiamata d’emergenza. Poi sparì senza lasciare ulteriori tracce.
Un unico testimone: una delle guardie di sicurezza del manicomio sopravvissuto al massacro. Secondo la sua descrizione, la bestia stava sulle quattro zampe ma si era alzata su quelle posteriori per colpirlo. Alta due metri con il pelo nero che ricopriva il corpo. I paramedici indicano che ha subito un forte shock e che potrebbe aver avuto un allucinazione o una perdita di memoria.
Secondo gli archivi, sarebbe stato Xale Cherar, caso confermato di schizofrenia, ad aver assalito quelle persone. Alcuni credono sia invece affetto da licantropia clinica collegando il tutto come con il caso di “Romasanta”, nonostante ormai siano rari dei casi così violenti di questa malattia. La polizia sta cercando il sospettato per omicidio plurimo.
Se è davvero la creatura che in molti affermano egli sia, avremo tra le mani il primo vero Lupo Mannaro.”
Licantropo. Le altre leggende non furono affatto d’aiuto in quanto erano documentate da presunti avvistamenti e omicidi. Nulla di certo e confermato. Ciò che lega tutti questi miti o casi documentati è un solo fattore però: chiunque sia la bestia d’un tratto sparisce sia che imperversasse in quella zona da decenni sia che il flagello durasse solo per pochi giorni.
Andai alla cassa e pagai la bottiglietta d’acqua e il tempo per l’utilizzo del computer. La ragazza era davvero carina con i suoi occhi azzurri, i cappelli castani e lunghi, un volto perfetto e bianco come la neve.
Uscii dalla porta di vetro e mi fermai sul marciapiede nel buio della notte pensando a quando sarebbe stato il mio momento di sparire. La strada era piccola ma andava avanti per qualche centinaio di metri da entrambe le direzioni. Gli edifici stavano stretti l’uno accanto all’altro. Alla mia destra sul marciapiede camminava un uomo con un giacca marrone che addentava una ciambella. Sotto l’ascella sinistra teneva una scatola bianca forse piena anch’essa di ciambelle e in mano teneva un giornale piegato sulla prima pagina che leggeva con aria preoccupata sotto la luce dei lampioni. A sinistra, dall’altra parte della strada, appoggiati ad un edificio pieno di vetrate c’erano cinque uomini pallidi come cadaveri. Notai perfettamente che quando si staccarono per venirmi in contro le loro immagini non si riflettevano sui vetri scuri. Mi accerchiarono mentre pensavo al collegamento delle sparizioni. L’uomo con le ciambelle entrò dentro il cafè guardandomi preoccupato e per un attimo ebbi la sensazione di averlo già visto prima. Ma non importava più nulla.
“Xale Cherar… Credo che tutti noi dobbiamo fare una bella chiacchierata” disse quello proprio davanti a me sorridendo e lasciandomi vedere i suoi lunghi canini.


Un continuo ringraziamento a Mek1989 il quale mi aiuta a correggere i fatalissimi errori grammaticali che demolirebbero un racconto ben apprezzato dal ristretto pubblico di questo forum


Edited by Altair47T - 21/12/2012, 18:47
 
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view post Posted on 3/10/2012, 19:44

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Non male!! Ottimo inizio.. perché è un inizio giusto?
 
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Altair47T
view post Posted on 3/10/2012, 19:59




CITAZIONE (Mek1989 @ 3/10/2012, 20:44) 
Non male!! Ottimo inizio.. perché è un inizio giusto?

E siamo a 2. Anche in un altro forum mi hanno detto cosi ma quella era pensata per essere a capitoli. Questa cioè potrei anche continuarla dato che sarebbe un incipit perfetto per una storia di un Licantropo, magari che gira un pò sul triste ecc. ecc.
Principalmente questo è come una fiaba ha la morale!! Perchè se ti vedi trasformare non vuol dire che sia vero.
Ogni riferimento a Ex-Utenti licantropi di questo forum sono puramente casuali

Se ci son altre persone che vorrebbero un continuo bè... perchè non accontentarvi?? Tanto mi piace scrivere queste storie.

CITAZIONE
la sofferenza mi solcava il mio umano viso.

Madonna illegibile!! Se notate tali errori fatemeli presente, per favore, non voglio aggiungermi all'orribile massa di pecore che demolisce la lingua italiana. Comunque ho corretto l'errore.
 
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view post Posted on 3/10/2012, 20:07

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Però il racconto suscita una certa curiosità sul protagonista, nonostante egli sia solamente un pazzo. Almeno è l'effetto che mi fa leggere la storia.
 
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Skylove22
view post Posted on 3/10/2012, 21:30




CITAZIONE (Mek1989 @ 3/10/2012, 21:07) 
Però il racconto suscita una certa curiosità sul protagonista, nonostante egli sia solamente un pazzo. Almeno è l'effetto che mi fa leggere la storia.

quoto,
comunque bravo Al,hai fatto un ottimo lavoro ^_^
 
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-lupetta-
view post Posted on 4/10/2012, 16:37




E' veramente bello :D Se fai un continuo non dispiacerà a nessuno ;)
 
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Altair47T
view post Posted on 4/10/2012, 18:13




Ok visto che c'è tanta domanda per una continuazione allora "Lost in the twilight hall" mi darà l'ispirazione. Ma c'è qualcosa di assurdo, la linea che divide il normale dal sovrannaturale è piccola ma come fai a eseguire una storia che sia sulla linea tra le 2?? E' quello per cui mi arrovellerò per un pò per evitare di fare cose banali. Devo provare qualcosa di "nuovo"... un qualcosa di "pazzo" ma che vi terrà impegnati nel volere una continuazione.
 
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Altair47T
view post Posted on 4/10/2012, 21:48




No proprio no ragazzi. Non si può continuare. L'ho chiuso con stile la "trama" era questa. Triste ehm boh. Proprio una cosa leggera. Ma se credete che io possa fare una bella storia di qualità potrei anche provare a farne una che parta dal principio con l'idea di essere divisa in capitoli. Meglio sapere la vostra.
 
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view post Posted on 4/10/2012, 22:55

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Sì sono d'accordo.. non si può continuare ma si potrebbe riscrivere magari raccontando qualcosa di precedente( In modo che assuma anche le dimensioni di una fiaba)... sennò amen mi costruirò la mia versione (che forse è più divertente) ;)
 
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Skylove22
view post Posted on 5/10/2012, 18:41




CITAZIONE (Altair47T @ 4/10/2012, 22:48) 
No proprio no ragazzi. Non si può continuare. L'ho chiuso con stile la "trama" era questa. Triste ehm boh. Proprio una cosa leggera. Ma se credete che io possa fare una bella storia di qualità potrei anche provare a farne una che parta dal principio con l'idea di essere divisa in capitoli. Meglio sapere la vostra.

peccato,sarebbe stato molto interessante :(
comunque la trama l'hai fatta veramente bella.
 
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Altair47T
view post Posted on 5/10/2012, 18:58




Veramente grazie a Teen Wolf uno spiraglio l'ho trovato. Ma dovrei pensarci un bel pò sù se voglio lasciare questa "triste" lotta solitaria di un probabile pazzo/licantropo. però come dovrei fare?? Ci provo e dopo li aggiungo al primo post eliminando altre scritte...in pratica solo i capitoli??
 
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view post Posted on 5/10/2012, 19:14

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Sei sicuro di voler la correzione ortografica? Sono piuttosto pignolo xD

Riga 9: hai usato la 3a persona al posto della prima (riuscì->riuscii)

Se vuoi che te la corregga io non mi faccio problemi ;) dimmi tu!

Edited by Mek1989 - 5/10/2012, 21:00
 
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Altair47T
view post Posted on 5/10/2012, 20:44




CITAZIONE (Mek1989 @ 5/10/2012, 20:14) 
Sei sicuro di voler la correzione ortografica? Sono piuttosto pignolo xD

Riga 9: hai usato la 3a persona al posto della prima (riuscì->riuscii)

Se vuoi che te la corregga io non mi faccio problemi ;) dimmi tu!

Si, però dimmeli in pm sperando che siano solo piccolissimi errori nei verbi e non veri e propri disastri d'italiano xD
No, ci penso io a editare.

Aggiunto il titolo al primo. Chapter 1: Run

Aggiunto Chapter 2: The Poison
 
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Skylove22
view post Posted on 5/10/2012, 21:04




Bravo Altair, ottimo 2 capitolo!!!!
 
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view post Posted on 6/10/2012, 09:52

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Agli ordini, così leggo anche il 2° XD

Bel lavoro! Sinceramente mi piaceva più l'idea del Licantropo Clinico che del vero Lycan ma almeno così la storia può andare avanti ;)

Edited by Mek1989 - 6/10/2012, 11:54
 
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55 replies since 3/10/2012, 15:41   821 views
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