| artenair |
| | Uh, bel topic,da me ci sono un mucchio di leggende, ve ne racconto una che non è tanto una leggenda, quanto forse un ricordo "annebbiato" dalla paura che mi ha narrato mia madre. E' un'esperienza che ha fatto lei da piccola ... Pertanto tutto ciò che vi narrerò (assumo il tono saggio) è assoltamete reale, anch le descrizioni dei luoghi, che poi sono quelli dove abito... ovviamente non posso fare nomi e cognomi, se per caso il lupo mannaro leggesse questa storia e si riconoscesse non vorrebbe i diritti d'autore? Si, il mannaro in questione è vivo, ma non sta più in paese... ehm ehm... Il lupo minario di Oppido Oppido Mamertina è un paesino minuscolo alle pendici dell’Aspromonte, una cosina da niente, agglomerato di case attorniato da uliveti antichissimi, grandi come gli alberi delle foreste tropicali, che si perdono all’orizzonte. Tutto uguale, per miglia e miglia, si vedono solo le chiome di un colore verde-grigiastro, fitte, e quei tronchi enormi, mastodontici, contorti, con profonde cavità che, se guardate all’imbrunire, quando la luce scema e cade lentamente oltre l’orizzonte, sembrano occhi e bocche di creature spettrali. Ed è proprio questo il teatro ideale per quello che chiamano “l’attacco del lupo minario”. Si narrava un tempo che, nelle notti di luna piena, strani uomini si aggirassero furtivi per i boschi, come i briganti, o per le campagne, urlando come lupi impazziti e assalendo i cani e gli uomini. Da tempo, però, più nessuno aveva udito parlare del “lupo minario” e sebbene la leggenda non fosse caduta nell’oblio, gli uomini non stavano più attenti come una volta a non uscire durante le notti di plenilunio o a portarsi dietro il fucile … e poi i tempi erano cambiati, non ci credeva più nessuno. Finché un giorno non proprio bello si iniziò a vociferare di un uomo che aveva contratto una strana malattia che lo faceva soffrire terribilmente di picchi ormonali e contrazioni nervose mensili. La notizia fece il giro del minuscolo paese in un batter di ciglia, ma nessuno fece caso a questa diagnosi, forse perché nessuno era in grado di capire cosa questo significasse. Ma c’era un uomo, un ebanista o un falegname (qui arriva la memoria e non posso certo chiedere adesso che lavoro facesse), che a quanto pare era venuto a conoscenza del segreto di questa persona la quale soffriva di non precisati “picchi ormonali”. Eh si, il falegname e il povero malato erano amici e vivevano anche vicini, a neppure una strada di distanza. Una gelida notte d’inverno, proprio una notte di plenilunio, la famiglia del falegname fu svegliata da una serie di orribili gemiti e lamenti. Non erano normali, troppo acuti, e pareva proprio la voce di qualcuno che avesse bisogno d’aiuto. Proprio in quel periodo c’erano stati dei lavori di ristrutturazione nella stradina adiacente alla casa del falegname, che come al solito era sprofondata a causa dell’abbondanza delle precipitazioni invernali, e alcune persone cedettero che probabilmente qualcuno, un sonnambulo magari, era inciampato negli attrezzi lasciati lì dagli operai e caduto in una fossa. Insomma, era facile cadere, la stradina era corta e stretta fra due filari di case, quasi cava sotto, come tutto il resto del paese, e le buche e le rientranze non si contavano. Tutta la famiglia al completo, anche i bambini, uscì in pigiama a vedere cosa stesse accadendo, ma il falegname li superò e disse loro di entrare dentro con un certo zelo, come se avesse paura. I bambini obbedirono immediatamente, ma non prima di aver visto un uomo completamente nudo e villoso che urlava come un matto proprio dentro il fosso davanti a casa loro, cercando di uscire. Un uomo normale avrebbe potuto anche farcela da solo, il fosso non era abbastanza profondo da imprigionare una creatura senziente nel pieno delle sue facoltà, ma quell’uomo nudo sembrava in preda al panico o ad atroci dolori, i muscoli gonfi sotto la pelle e le dita sanguinanti che cercavano di graffiare la parete che invece avrebbero dovuto usare come appiglio per uscire. Per un istante parve quasi che l’uomo si voltasse verso di loro, verso i bambini, e gli ringhiasse contro, proprio come avrebbe fatto un cane selvatico, ed i suoi lineamenti erano malvagi e sofferenti insieme, le labbra ritratte sulle labbra a mostrare i saldi denti giallastri. Il falegname, con sprezzo del pericolo, aiutò il pover’uomo a uscire dalla fossa, ma il resto non fu visto dalla famiglia e nessuno saprà mai raccontare come andò a finire, perché persino colui che era caduto nel fosso non serbò mai alcun ricordo di quella strana notte. Tuttavia, si dice, da allora l’uomo “malato” fu sottoposto ad una serie di cure da un dottore di Gioia Tauro. E nessuno osò più dire che i “lupi minari” non esistono, anche se la concezione che i giovani hanno di questi mostri è cambiata radicalmente.
ps. il falegname (o ebanista, come dice la mia mamma) è mio nonno. La strada dove è capitato il fatto è quella dove abito io e posso confermare il fatto che è sempre ridotta male, specie in inverno. Del "lupo minario" non posso dirvi niente,purtroppo. Ah, e scusate se la storia non fa per niente paura, ma come si fa a creare una buona atmosfera in una decina di minuti? Io ci ho provato... Edited by artenair - 12/7/2010, 15:27
| | |
| |
|