World of Werewolf

l acqua di rose

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lupus hominarius
view post Posted on 29/2/2012, 21:44




ROMA (16 giugno) - “Secondo le ultime stime, ci sono
circa trentacinque licantropi in tutto il mondo. Di questi
solo tre sono ereditari e io sono una di loro. Ma c’è di più:
io sono l’unica donna licantropo vivente.” “Io” è Elena
Michaels, giornalista. Vive a Toronto con il fidanzato,
Philip. E, se non fosse per il fatto che di notte ha bisogno
di fare lunghe passeggiate da sola e che mentre
passeggia le sue gambe si trasformano in zampe pelose,
si potrebbe quasi pensare che Elena abbia trovato la sua
dimensione. Si è perfettamente inserita nella famiglia di
Philip, accorgendosi che la stima della madre di lui la
gratifica molto più di quello che aveva previsto, il suo
lavoro le piace, convive con un uomo che la ama e
hanno in mente di andare a vivere in una casa più
grande. Va tutto troppo bene. A parte quei momenti in cui
si sente in gabbia, Elena è convinta di poter fare a meno
del suo branco.
Ma un bel giorno l’Alfa (il capo-licantropo) la cerca, e lei è “costretta” a tornare a Stonehaven (dove
vive il suo primo amore, Clay), in una riserva vicino New York. Stanno succedendo cose strane in città,
alcune persone sono state ridotte a brandelli e gli (ingenui!) umani credono che dei cani randagi siano gli
artefici di quelle morti sospette. Ma noi, come i licantropi della storia, sappiamo benissimo chi siano i
colpevoli: i bastardi, ovvero gli uomini-lupo che non appartengono al branco e che smaniano e sbranano
per aumentare il loro potere. Hanno nel dna la cattiveria umana, che porta a uccidere senza motivo.
Insomma, c’è del lavoro per Elena.
E’ Bitten. La notte dei lupi di Kelley Armstrong, primo titolo in uscita in Italia dei dieci della saga
Women of the Otherworld. E' in libreria dall’11 giugno edito da Fazi (ma le copie erano già in circolazione
dal 4). Dopo aver raccolto consensi in America, Inghilterra, Francia, Spagna, Giappone, Bitten arriva da
noi grazie a una petizione pubblicata sul blog Weirde dai lettori – sempre di più, sono soprattutto donne
come le autrici, vedi Charlaine Harris, Melissa Marr, Stephenie Meyer – amanti del genere, tra l’urban
fantasy e il paranormal romance.
La Fazi li ha accontentati. Non solo: i primi quindici capitoli sono on line (basta registrarsi su fazieditore.it)
e il volumone da 463 pagine è in vendita a 10 euro.
Come altri libri di questo genere, Bitten è nella collana Lain, nata nel 2003 come “contenitore di libri
inclassificabili e visionari”, per rivolgersi “a lettori emotivamente giovani” (anche la saga di Twilight ci
rientra. A due anni da Breaking dawn, è uscito il quinto libro, La breve seconda vita di Bree Tanner).
Quanti anni ha il lettore “emotivamente giovane”? Probabilmente l’età varia, anche se il fatto che la
sessualità in Bitten sia trattata in maniera molto esplicita fa pensare che il destinatario sia un adolescente
quantomeno disinvolto, un cosiddetto “young adult”.
Bitten (che leggiamo nella traduzione di Marco Astolfi) non punta sulla qualità letteraria, e nelle
prime duecento pagine non succede granché. La Armstrong ci presenta la doppia vita di Elena, il fidanzato
ufficiale e le sue doti, il branco e le sue esigenze, e prepara gli eventi per la seconda parte, quando il
romanzo comincia, lentamente, a decollare, anche se la suspense non monta mai del tutto. L’autrice
interrompe continuamente il filo della narrazione per perdersi in flashback e spiegazioni che smascherano
gli espedienti letterari, sottolineando dettagli che si dovrebbero incastrare in maniera fluente anziché
castrare il climax del racconto. Allo stesso tempo non dà abbastanza coordinate per potersi appassionare
ed entrare nelle pieghe del ragionamento “licantropesco” (per esempio non si capisce bene quali e quantopotenti siano i doni dei licantropi, da cosa possono difendersi e da cosa no, quanto la mente del
capobranco possa agire sui “cuccioli”, quali caratteristiche abbiano i personaggi minori).
Infatti l’aspetto più interessante di Bitten è un altro: è il percorso femminile alla riconquista della donna
selvaggia. In quest’ottica la vita con Philip – pur piena di comodità e di riconoscimenti sociali - è quella in
cattività, è il femminino addomesticato. La vita del branco, che la protagonista fugge per un comprensibile
desiderio di normalità e perché non vuole ascoltare la parte di sé più istintuale, è quella più sintonica.
Quando è a Stonehaven la nostra giornalista può trasformarsi quanto e quando le pare e piace, fare sesso
all’ombra delle fresche frasche e mangiare quantità incredibili di cibo senza ingrassare di un etto.
“Com’ero prima che Clay mi mordesse? Una ragazza equilibrata, remissiva e premurosa, naturalmente, e
Clay mi aveva trasformata. (…) Dentro di me avevo sempre avuto una propensione alla violenza e Clay
l’aveva capito. Il bambino licantropo che era in lui ha visto la bambina vittima ch’era dentro di me e ha
riconosciuto un’anima affine, qualcuno che sapeva bene cosa voleva dire vivere da emarginati…”.
Il gene della licantropia è patrilineare. Elena, unica donna licantropo, esiste perché è miracolosamente
sopravvissuta al morso dell’amato, e per questo tradimento si è allontanata. Anche se alla fine ammette:
“Non era stato Clay a cambiarmi, ero già così. Clay aveva solo offerto uno sfogo a tutta la rabbia e l’odio
che avevo dentro. Dovevo solo tornare indietro, là dove avevo nascosto tutta la sfiducia, l’astio,
l’impotenza e la rabbia che nutrivo per tutti quelli che mi avevano fatto soffrire”.
Chissà se a Kelley Armstrong, psicologa, canadese, è mai capitato tra le mani Donne che corrono coi
lupi della psicanalista junghiana Clarissa Pinkola Estés (1993)? La Estés suggerisce alla donna di
rientrare in contatto con la lupa che è in lei e di imparare ad alimentare l’intuito, ovvero il fiuto,
riconoscendo gli agenti inquinanti e riportando il corpo – pelle e anima – alla brillantezza. La parte più
interessante di Bitten è l’incontro tra Clay e Philip, quasi più spaventoso di quello tra licantropi e bastardi:
è il “mozzicatore” che indirizza la donna che ama a capire di cosa ha veramente bisogno (non per niente il
ragazzo-lupo ha preso una laurea in antropologia). Elena non è solo un’eroina positiva: tradisce il
fidanzato, illude l’ex assecondandone (e ricambiandone) le voglie, mette a rischio la vita dell’ignaro Philip,
che delle zampe pelose di lei ne sa quanto un qualsiasi maschio, cioè niente o quasi… Ma quale strada
sceglierà alla fine? Lo sappiamo tutti. O no?
 
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